giovedì 1 luglio 2010

Avvenimenti e il senso di responsabilità

(foto di Garimar)

Ovvero parlare per luoghi comuni

Recenti avvenimenti e conseguenti discussioni portano a riflettere sul senso che avvolge tutta la nostra vita. Parole e commenti hanno portato a capire che in effetti viviamo per sentito dire, o meglio , viviamo secondo canoni e dettami che ci sono inculcati , e per assurdo non capiamo.
Da questo discende che non solo viviamo per modelli non nostri, ma addirittura ragioniamo secondo schemi precostituiti e imposti da luoghi comuni che nulla hanno a che fare con la nostra natura di esseri pensanti.
La conclusione ovvia è infatti che oramai poco abbiamo a che fare con i nostri progenitori , i nostri avi , che magari saranno stati anche meno progrediti ed eruditi, ma di sicuro usavano molto più di noi il cervello.
Il discorso è imperniato sul senso di responsabilità, oramai in questa società fritta e ritrita , il mondo moderno come lo conosciamo, ruota attorno al concetto del senso di responsabilità.
A ben vedere, la generazione degli anni duemila usa e abusa questo termine, mettendola tutta sul senso di responsabilità . Non c'è campo in cui non si fa appello al senso di responsabilità, dalla politica, all'economia, dalla socialità alla medicina, dalla professione al divertimento, dalla famiglia alla religione.
E anche quando al giorno d'oggi , ci indigniamo , e questo avviene sempre più spesso, concludiamo ogni discorso sempre con il senso di responsabilità.
Io sono una persona responsabile è la frase più abusata e sfruttata in questi anni post moderni.
Ogni avvenimento non fa che sollecitare il nostro senso di responsabilità, non fa che spronarci ad esser sempre e più responsabili.
E la domanda sorge spontanea : come mai con questa fortissima spinta al senso di responsabilità, il nostro mondo va sempre più a rotoli ?
Qui nasce l'arcano, è evidente che qualche rotella è fuori posto , e qualche ingranaggio non gira nel verso giusto .
Recenti eventi di disastri ecologici non fanno altro che sollecitare la nostra coscienza di consumatori, e ci spingono a dire dobbiamo essere più responsabili.
Recenti eventi economici ci portano a concludere che dobbiamo essere tutti più responsabili delle nostre abitudini e che per evitare il crollo dobbiamo moderarci.
Recenti eventi politici ci indignano spingendoci ad assumere in prima persona responsabilità di cittadini attivi per cercare di dare un segnale di cambiamento.
Recenti eventi religiosi ci spingono ad assumere posizioni spirituali responsabilmente, avendo più fede in ciò che recitiamo a menadito.
In ogni aspetto della nostra quotidianità non facciamo che ribadire che noi siamo responsabili e che gli altri , solo gli altri sono degli incoscienti, e che è per questo che le cose vanno male.
Quanta verità, in estrema sintesi è dentro di noi ?
Siamo sul serio convinti che siamo responsabili in prima persona e che ciò accade è al di fuori della nostra volontà ?

Recentemente un evento triste ha fatto insorgere le coscienze di molti nell'affermare che da persone adulte , in specie in presenza di legami familiari, occorre adottare uno stile di vita responsabile.
A causa della famiglia dobbiamo essere più responsabili , più adulti se vogliamo assicurare nei limiti del possibile un avvenire ai nostri discendenti, ai nostri figli , ai nostri nipoti.
Già...tutto vero ?
L'uomo come animale ha solo questa legge , assicurarsi la procreazione e la continuità della specie.
Tutto bene quindi ?
Si sembrerebbe di si , se non che, è tutto falso come il vetro più comune spacciato per smeraldo.
Semplicemente stiamo recitando a soggetto e il copione non è scritto da noi.
Come spiegare altrimenti , con queste premesse, il fatto che continuiamo a fare gli schiavi ed accettiamo tutto per un tozzo di pane , come spiegare che prestiamo la nostra opera in attività che ammazzano il nostro pianeta, come non vedere che la nostra figura e la nostra opera viene sfruttata per estorcere denaro ai più, come far finta di niente sapendo che quegli stessi figli che diciamo di proteggere li abbandoniamo in mano ad mezzi che ci alleviano la fatica ( e diciamolo una buona volta che è una fatica) di crescerli e ascoltarli , come spiegare a noi stessi che di fronte a nostro figlio facciamo i protettivi e poi di fronte a coloro che ammorbano l'aria e l'acqua e il cibo pieghiamo inverecondamente la testa facendo finta di niente. Pensiamo che evitare una marca di prodotto o l'altra mette a posto la nostra coscienza, del resto se al mercato quello c'è...non possiamo che scegliere il meno peggio.
Come spiegare che ci sentiamo professori di fronte a chi per mero egoismo abbandona la famiglia (per volere o per disgrazia) mentre poi con altrettanta sagacia noi in prima persona deprediamo il pianeta togliendo di fatto non solo ai nostri figli ma a tutte le generazioni future la possibilità di avere un qualsiasi futuro ?
E' strano come affermiamo da un lato la nostra responsabilità e dall'altra ci diamo al più infame saccheggiamento che l'uomo possa compiere . Stiamo mangiando la nostra terra a ritmi mai raggiunti nei secoli passati , e affermiamo di essere responsabili ?
Ma responsabili di cosa ?
Viene da chiedersi , prima di parlare il cervello lo colleghiamo , o diamo fiato alle trombe come ci viene in un concerto di suoni cacofonici ?
Conosco solo persone responsabili , mi presentano solo persone responsabili, vedo in giro solo persone responsabili , e il modo cade così in basso, come mai ?
C'è da augurarsi sul serio che sia in arrivo un cambiamento , una fine, uno stravolgimento , ma che sia delle nostre coscienze, dei nostri valori , e che ci riporti ad una condizione di affermazione senza tentennamenti e soprattutto ad una condizione di coscienza naturale.
Che la fine del mondo , questo mondo arrivi al più presto , perchè non se ne può più.

domenica 16 maggio 2010

Gli uomini del fare


Paura....

Periodo travagliato .
Vicende note, lavoro compromesso, futuro incerto, sacrifici inutili , orizzonte familiare nero.
Nell'aria in questi giorni di maggio , accompagnati non ultimo anche dalle condizioni meteo lontane da quelle che sono le medie stagionali, la rabbia .
Questa compagna ha intriso i nostri cuori di fronte a comunicati stampa , discussioni e osservazioni, blog, giornali e mail di comunicazione sociale. Allarme, chiamata alle armi, e aiuti di personaggi più o meno noti sono stati invocati dalla folla. Insomma un mare in tempesta, le cui acque sferzate dal vento dell'incertezza , vento che man mano è cresciuto fino a scompigliare i nostri capelli e i nostri pensieri. Sempre più palpabile, infine , si è reso evidente l'arrendevolezza del cuore, di fronte al maglio pesante dell' ineluttabile realtà.
Si continuano a leggere negli occhi delle persone incertezza e pregiudizio. In generale si legge paura, paura verso ogni cosa , paura verso la più semplice azione.
Riunioni e dibattiti sono stati pervasi da questo senso comune di paura per l'azione, e per il futuro da dover subire in ogni caso .
In buona sostanza, quello che emerge evidente , più in generale in ognuno di noi abitanti del mondo occidentale , è il senso di impotenza e il senso di disastrosa paura verso il domani.
Se da un lato quando la rabbia prende il sopravvento si è avuto un guizzo di vivacità, di affermazione del proprio io , dell'affermazione della "persona" e non dello schiavo, dall'altro lato tale guizzo è pur sempre stato di breve durata , o dirottato esclusivamente verso azioni di facciata , da palco, che poco hanno a che fare con la vera tattica di battaglia.
Il concetto è molto semplice, per quanto si cerchi di non diffondere allarmismo, per quanto a livello generale giornali, televisioni e perfino trasmissioni dichiaratamente non "politicamente corrette" cerchino di avere un atteggiamento soft verso il disastro sociale che ci stà avvolgendo, occorre rendersi conto che siamo sulle barricate, siamo in guerra e ci saranno morti e feriti.
Non dobbiamo illuderci che siamo fuori pericolo, che il peggio sia alle nostre spalle, che in qualche modo ce la faremo.
Si vede lampante l'atteggiamento della persona media, quale noi tutti siamo.
Un grande parlava di uomini, ominicchi e quaquaraquà e dipingeva con acume profondo l'essere civile moderno. Appunto ora viene da chiedersi , senza al solito additare gli altri, io cosa sono ?
Un uomo , un ominicchio o un quaquaraquà?.
Sull'esser quaquaraquà abbiamo avuto evidenza di come tutti siamo pronti a declamare, a fare annunci e anche a infervorarci accusando col dito indice puntato , come un arma, l'altro. Siamo i più bravi a declamare e leggere grandi affermazioni di civiltà e di principio. Poi siamo anche ominicchi nel vero senso del termine, perché dietro le scene, intraprendiamo azioni di accomodamento e di ricerca personale del proprio vantaggio, avulse dal contesto generale.
Spesso indichiamo i politici come maestri del proprio interesse personale, dimenticandoci che noi stessi , siamo pronti , prontissimi a intessere personalissime ragnatele per il solito e vecchio detto: "mi coltivo il mio orticello personale".
Quindi delle tre categorie possiamo ambire al massimo a esser catalogati nelle due basse. In quanto alla categoria degli uomini , quella la dobbiamo proprio dimenticare. L'uomo moderno è incapace di essere e affermare la propria umanità. Siamo lontani anni luce dal seguire un dettame universale : "beati coloro che hanno affermato ciò che avrebbero fatto , e poi l'hanno fatto davvero".
Dopo il tempo degli annunci e delle grida viene sempre il tempo del silenzio, ed è il tempo in cui gli uomini agiscono. Il tempo in cui gli ominicchi e i quaquaraquà si eclissano. Agli uomini rimane di "fare" e non parlare.
A coloro che si impegnano per la propria vita e per il proprio valore di "persona" rimane solo questo , il resto sono solo facciate che crollano col tempo , lasciando a nudo il vero essere presente in tutti noi : l'essere pieno di paura.
Avere paura non è un male in senso lato, non è mai stato un elemento negativo la paura, tutti sappiamo bene che i supereroi esistono solo nei fumetti; il problema è decidere se la paura debba o meno diventare la signora della nostra vita. Il problema è solo questo.
Il problema è guardare negli occhi i propri figli e dire : ho fatto ciò che ritengo giusto per voi e per me!

sabato 8 maggio 2010

Notte di NO-TE

(foto di garimar)

NO-TE









Notte di fondo pensiero
di spiro e imago
di ansia e desio.
Notte infinita
lunga e vogliosa
pesante , ansante
le mani, le tue.
Notte di NO-TE
lontana ed assente
possa il giorno scacciarti
lontana e vicina.
Notte in miseria
dell'animo tradito
il tuo corpo distante
come il pensiero.
Notte l'assente
il NO-TE presente.
L'ansia del riso
lo spiro infinito.
Notte di NO-TE
diventa un macigno.
Il tuo respiro
non sento
il tuo corpo non tocco.
Notte andante
sapiente e dolente
ma non più bella
del giorno assassinio.
Notte di NO-TE
diventa un amore,
sopito e stranito
mai esaudito.
Notte di NO-TE
porta solo al fine
il giorno invitante.
Notte di NO-TE
sarà solo un ricordo
come il tuo volo
mai finito.

lunedì 26 aprile 2010

Lettera ad un bambino mai nato

(foto di Garimar)

Il passato, il presente e il futuro

Generalmente si scrive una lettera per qualcosa che è si vuole ricordare, o celebrare. Si scrive per lasciare un segno e rimarcare qualcosa che si ritiene un punto fondamentale, un punto di arrivo della propria vita.
Alcune volte le parole scaturiscono come un fiume in piena, sommergendo il sentimento e imperversando sul cuore tumultuoso. Altre volte , al contrario le parole creano una coperta pietosa dei nostri dolori e dei nostri pianti. In ogni caso la lettera segna un momento della nostra vita, come un cartello innalzato a indicare : io sono qui.
Facilmente intuibile l'argomento dal titolo, essendo il bambino mai nato quello che in tutti noi alberga fin da quando siamo su questa terra.
Si pensa erroneamente che tale mancanza sia maggiormente sentita dal genere femminile, ma in questo caso ci si riferisce quasi esclusivamente al bambino come figlio, come essere generato, carne della propria carne, sangue del prorpio sangue. Allargando il concetto, siamo coinvolti tutti , inequivocabilmente, dal fatto che la nostra vita viene vissuta in attesa di un bambino che probabilmente mai nascerà. Sono queste le nostre emozioni, i nostri pensieri più reconditi, i nostri desideri e in alte parole le nostre immaginazioni.
Niente può rappresentare meglio questo bambino se non gli occhi di quell'uomo che in fine della sua vita si guarda intorno e non vede altro che un volto di bambino.
I motivi di questo sono vari, innumerevoli, imprevedibili. Le vite di tutti noi sono diverse seppur eguali , e sono sempre attanagliate dagli stessi incubi e paure. Le vite di tutti noi hanno bambini mai nati, bambini che chiamano disperatamente, che urlano il nostro nome, ma che noi sordi non sentiamo e non riusciremo mai a sentire.
A quel bambino mai nato dobbiamo chiedere perdono per la nostra incapacità di amare, di amare le cose belle e di amare la vita. Dobbiamo chiedere perdono a quel bambino per i nostri sopprusi, per i nostri torti, per le nostre prevaricazioni. Ma non verso gli altri, si badi bene, ma chiedere perdono , perchè verso noi stessi abbiamo abusato.
Perdono mio caro bambino per non esser stato, per non averti accolto e cullato , e fatto crescere come la cosa più preziosa al mondo . Perdono per non aver fatto si che questo mondo potesse essere arrichito dalla tua presenza e non impoverito dalle mie sporche esigenze.
Chiedo perdono per non aver dato niente a questa vita, avendo invece tutto preso senza chiedere.
Quel bambino mai nato che in noi è morto e in noi è stato sepolto con le sue risate, le sue speranze, le sue aspirazioni. Tutto sepolto sotto il manto spinoso dei nostri bisogni materiali.
Chiedo perdono per tutti quelli che non hanno osato, chiedo perdono per tutti coloro che avrebbero voluto ma non han potuto, chiedo perdono per tutti coloro che ci han provato e si sono arresi, chiedo perdono per coloro che non hanno pensato neanche due minuti . Chiedo perdono per tutti coloro e soprattutto per me stesso. Per aver aspirato e non aver realizzato, per aver sognato e non averci creduto, per aver pensato e non aver fatto.
A quel bambino mai nato che seppur senza vita sente e percepisce tutto, chiedo di perdonare noi tutti.

venerdì 16 aprile 2010

Cosa sono i sogni


(foto di garimar)
Sogno o realtà

Cosa sono i sogni nella vita delle persone , se non i muri di sostegno delle nostre aspettative e aspirazioni , le stesse che ogni giorno fanno sì da farci trascinare i piedi uno dopo l’altro nei sentieri fangosi che percorriamo.
Solo in questi sogni troviamo l’alimento del nostro cuore, che imperterrito pulsa testardo , fornendo la linfa vitale al nostro corpo che si agita imbelle nella giungla intricata delle nostre emozioni. Ognuno di noi, in effetti, si immerge nelle acque a volte limpide, a volte putride, di questi immaginari quadri di quello che dovrebbe essere la nostra vita. E con altrettanta consapevolezza ci accorgiamo che , questa nostra vita, quasi mai si ritroverà in questi scenari idealizzati , quanto invece spesso ci presenterà altrettanti scenari, magari anche più belli , ma del tutto inimmaginabili a priori.
Ebbene arriveremo al punto da considerare che non sono le realizzazioni ad esser importanti in questo nostro percorso terreno, quanto il fatto stesso di avere avuto sogni, immagini , magari allucinazioni in quei pochi momenti in cui riusciamo a liberare mente e cuore.
Dopo tanto penare, questo ci lascia sempre un tantino più ricchi di quanto non eravamo il minuto precedente, ricchi di sensazioni ed emozioni, essendo queste nutrite solo dai sogni e dai pensieri.
Animo e cuore sono i pilastri della nostra esistenza, oggetti e costrutti sono ciò che invece paradossalmente rappresenta l’evanescenza della nostra vita. Siamo in epoca in cui battezziamo ed etichettiamo tutto ciò che ci circonda come virtuale o reale, in base alla nostra concezione come i nostri sensi ci presentano.
Se solo ci soffermassimo un attimo a ragionare, ci accorgeremmo che niente di più reale è proprio quel nostro virtuale che ogni ora , ogni minuto intessiamo trama dopo trama solo col nostro cuore.
Riteniamo irreali i sogni e molto reale il nostro lavoro , riteniamo molto irreale l’idea dell’amore, e molto più pratico l’acquiescenza di una presenza al nostro fianco solo per paura di infinite solitudini.
Riteniamo molto folle chi segue il colore, e molto saggio chi si attiene alla semplice quotidianità del tirare a campare.Siamo in effetti tutti folli , in un mondo di folli, in una coscienza collettiva che ha sperduto il lume della ragione.
Quali cani affamati ci azzuffiamo a vicenda, in cerca di un boccone che si possa permettere solo di arrivare a sera ancora vivi….o meglio, per ciò che riteniamo sia vivere.
Questo è quello che ci vede impegnati in un minuto secondo del tempo universale, pulviscolo rispetto all’enormità dell’essere incommensurabile . Impegni e impegnati in un qualcosa che non ha senso , e non ha importanza, e per di più rappresenta uno spreco inumano di questo breve lasso di tempo che chiamiamo tutti “vita” senza sapere minimamente cosa questa parola voglia significare.
Sembreranno considerazioni amare, e depressive, ma vogliono solo essere un invito a considerare invece in un barlume di luce quello che davvero potrebbe darci un alito di vita.Quell’alito che in ultimo rimarrà in noi e rimarrà dopo di noi, essendo questo in fin dei conti ciò che conta. Lasciare un alito di vita al nostro passaggio.
Ho sognato , ho immaginato , ho perfino riso cullato all’idea dell’essere ciò che è, ed è stato bello.Il dopo è sempre stato diverso , lontano, cambiato, ma non ha importanza, perché l’esser vivi nel momento del sogno è l’unica cosa che conta nella nostra esistenza. Questo lo capiamo sempre quando incontriamo un'altra persona, un altro essere , un altro cuore. Lo capiamo entrambi ed entrambi rimarremo con questo alito interiore. E di questo devo ringraziare sempre il cuore incontrato , che come luce rimarrà in me. Cosa ci sarà, a dispetto di quello che ci circonda sul serio e che noi continuiamo imperterriti a chiamare “realtà”, non è poi così importante come si crede.


mercoledì 31 marzo 2010

CUI PRODEST


OK Panico!

Riportiamo una serie di "amenità" che hanno portato all'attuale confusione di intenti e di strategie , in quella che "era" una delle più grandi realtà aziendali italiane, e che manager e finanzieri di indubbio valore , hanno ridotto nell'arco di neanche un decennio (o poco più) in una baracca cadente e pure sporca.

Di seguito dei link su ciò che si è scritto e/o affermato in merito alla vicenda TELECOM in questi ultimi giorni.
Un veloce escursus nel blog può riportare all'attenzione vecchi articoli per memoria di questa vicenda che ha antiche origini.

29 marzo 2010 su Repubblica.it compare l'articolo "IL TENENTE DROGO NELLA FORTEZZA TELECOMITALIA" da cui estraiamo la conclusione di Massimo Giannini "A chi conviene lasciarla deperire così?" riferita alla situazione attuale dell'azienda.

La risposta non si è lasciata attendere, evidenziando che lo scritto di Giannini ha posto una domanda di innegabile valenza, probabilmente mettendo a nudo nervi scoperti.
Dalla risposta dell'AD di TELECOMITALIA, la stampa a vario titolo ha riportato stralci e considerazioni.
Un simpatico passatempo è leggere quanto è comparso su internet in ordine sparso

"Che ne sarà di telecomitalia ? " da key4biz a firma Alessandra Talarico

"Non perde nè valore nè rilevanza strategica" affermazione di F. Bernabè riportata da Primaonline Comunicazione

"Non scorporeremo la rete" altra affermazione messa in evidenza da TeleComunicazioni

"Telecomitalia, partono le giornate di controinformazione" l'iniziativa dei lavoratori e sindacati messa in evidenza da Rassegna.it

Bene sono tutte letture interessanti e ci fanno rendere conto come in Italia attualmente vengano affrontati problemi rilevanti , al di là di spot televisivi e proclami di trionfi sociali.

Ora è pur vero che la situazione è drammatica a causa della situazione debitoria ( ma anche questa magari...voluta ? ) , è pur vero che occorre far fronte all'evasione fiscale emersa con le indagini su Sparkle, per cui occorre raccattare un pò di liquidità, ("La Fortezza TELECOM" da Repubblica.it), si parla di circa 600 mln di € da raccattare magari vendendo TELECOM ARGENTINA .
Ma è pur vero che occorrerebbe chiedere ragione di particolari manovre.
Perchè non chiedere alle passate gestioni conto di malefatte accertate ? in fondo quei manager non hanno forse intascato laute ricompense per successi tanto decantanti quanto fraudolenti ?
E perchè non chieder ancor piu' a ragione all'attuale management come mai si son svenduti pezzi pregiati a prezzo scontatissimo senza alcuna apparente ragione ? vedi la vendita di HANSENET a 900 mln di € a fronte di un valore di 1,45 mld di €. Non è questo un massimo punto di attenzione ?

Sig. AD cosa ha da dichiarare in proposito ? CUI PRODEST egregio Sig. AD ?

lunedì 22 marzo 2010

La mia vita

(foto di Garimar)

Il Dipendente

Ho trascorso la prima parte della mia vita ( direi più della prima parte) attenendomi ad un unico principio universale : l'onestà della propria coscienza.

Questo valore l'ho appreso per strada , man mano che avanzavo nei sentieri di quella che di solito definiamo vita. Ho sempre avuto un profilo basso , pur passando attraverso le manifestazioni del '68, pur osservando l'avvento dell'emancipazione , pur contribuendo ai movimenti new age, il mio profilo è sempre stato basso, il profilo di chi cerca di capire il perchè, e magari trovare qualche piccolo rimedio , per traguardare un obiettivo comune.
Ho altresì passato l'epoca dei figli dei fiori, l'epoca dei grandi raduni rock e hippyes con la speranza di un mondo migliore, un mondo rispettoso, un mondo verde , un mondo migliore per le genarazioni future.
Ho attraversato i tempi dei capelli lunghi, delle barbe fluenti , e dei primi movimenti ascetici appena allora affacciatisi sulla costa occidentale.
Diciamo che ho attraversato l'era dei sogni, delle speranze in cui tutto sembrava possibile e fattibile. L'epoca in cui tutti noi dicevamo : noi ce la faremo.
Son passati decenni, e mi ritrovo come dire , in una landa desolata.
Vento e pioggia sferzano la terra arida, e intorno cieli grigi incombono sull'animo.
Nessuno a portata di vista, e solo esoscheletri di umanità si intravedono tra le gocce sferzanti.
Mi volto , sforzo la vista, ma non riesco a vedere niente, non riesco a trovare niente, tutto ciò che posso percepire è un vuoto assoluto . Mi ritrovo dopo decenni a vivere una vita non mia, in un mondo non mio, con abitudini non mie, e sopporto decisioni non mie. Mi ritrovo a combattere guerre non mie, mi ritrovo ad accettare programmi non miei, ad acquistare beni non miei , mi ritrovo a respirare aria non mia.
Mi fermo un attimo e mi chiedo dove sono tutti quei sogni e tutti quegli amici che come me sognavano le stesse cose. Dove sono ?
Dove sono quelle masse enormi di giovani che cantavano e speravano all'unisono in un mondo più a misura ?
Eppure se guardo bene, e cerco bene, son cosciente che gli stessi avulsi fantasmi di uomini che sono assisi al posto di comando non sono altro che quegli stessi amici che con me hanno condiviso musica e sogni. Ma che fine hanno fatto ?
Cosa ne hanno fatto della loro vita e a cosa si son son piegati ?
Hanno ceduto e come schiavi all'impeto sessuale di energumeni dotati si son aperti . Potere ,denaro e convenienza.
Denaro e convenienza che hanno comprato l'anima e il sesso in nome di un progresso sociale e tecnologico che ha reso schiavo e nudo il mondo.
Son quegli stessi che erano nella piana del concerto a dettare ora le leggi e le regole per affamare i tanti e porre in schiavitù i molti. Rubare il barlume del sorriso per poter affermare :io sono - anzi - sono io.
Grandi imprenditori e finanzieri al comando di navi che poi essi stessi affondano per puro piacere di passare a condurre altre navi. Come in un grande gioco di monopoli dove noi siamo le pedine e i denari fruscianti son di pochi , pochissimi.
Mi guardo attorno e non vedo nessuno, come nella piana di Matrix , menti e coscienze addormentate al cloroformio della TV e alla tossina velenosa dell'informazione mediatica. Esoscheletri di umanità, che han dimenticato perfino cosa sia l'esser se stessi.
Esser se stessi per una volta , per rispetto , per orgoglio verso la propria vita, verso il proprio destino rovinato da altre menti, altre braccia, altri stomaci. Destino di folle deciso a tavolino per puro gioco del monopoli , con la sicurezza che comunque vada i pochi ce la faranno.
Ed ecco che quel "ce la faremo" dei molti , onesto, pulito, sincero , è diventato il "ce la farò" di pochi, pochissimi potenti racchiusi in lussuose residenze e auto oscurate per non far veder il loro volto sorridente di fronte all'esercito dei depressi.
Ci han rubato anche quel nostro "ce la faremo".
Il piu' grande furto universale , bestiale e diabolico. Il furto delle speranze e del diritto degli onesti ad avere una vita migliore.
Mi guardo attorno e ancora il vento e la pioggia sferza la landa desolata. Neanche un barlume di speranza rimane in me , e quel "ce la faremo" rimane solo un ricordo di luce di candela che non serve neanche a riscaldare un cuore spento.
Ci han rubato tutto , anche il pensiero , la gioia e la libertà del pensiero , dato che non abbiam neanche la forza di ragionare con la nostra testa e decidere con la nostra testa .
Fare una cosa perchè la riteniamo giusta indipendentemente da ciò che pensa qualcun altro .
Fare perchè lo riteniamo giusto per noi e per il nostro pensiero.
Anche questo ci han rubato, la capacità di presentarsi come esser pensante. Avendoci imposto di uniformarci alla massa e al pensiero comune, che proprio perchè comune...è indotto
e quindi non sincero.
La vita del dipendente. Da dipendente è vissuto e da dipendente è morto senza neanche aver la forza di dire : io sono - anzi - sono io!!!